Forte Lardaro, 17 ottobre 1918
Selene CattaniSelene Cattani
Nata a Trento l’ 1.11.1987, vive con la famiglia a Termon di Campodenno,
in Val di Non, provincia di Trento.
Frequenta la quinta liceo scientifico PNI presso l’Istituto d’Istruzione
di Cles.
Ama molto scrivere e leggere, soprattutto romanzi di guerra o i thriller
di Kathy Reichs e Patricia Cornwell. Un’altra grande sua passione
sono i giochi matematici; pratica il tiro con l’arco e colleziona
vecchie cartoline della sua valle.
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA
Una inedita storia della prima guerra mondiale, focalizzata da entrambe le parti, ma con in primo piano dei disperati soldati austriaci (e' il 17 ottobre 1918...). È resa molto bene la situazione di attesa rassegnata e quasi fatalistica che pervade gli sconfitti, e l'oppressione della guerra in trincea.
Tagliente e appropriata la conclusione.
Stile secco ed efficace, ma ricco di pietas.
IL RACCONTO
Mi bruciano gli occhi… tra la polvere dei fucili e le novantasei ore di veglia continua mi stupisco che non mi stiano uscendo dalle orbite.
Mi alzo per cambiare un attimo posizione e sento l'elmetto sbattere contro la parete superiore del buco che gli ufficiali si ostinano a chiamare trincea. In realtà è una specie di cunicolo scavato nella montagna, ma è da qui che noi combattiamo quella guerra che altrove chiamano “di trincea”, e da qui il nome…
Un centinaio di metri più in giù ci sarebbe il forte, ma gli italiani l'hanno espugnato ieri, e così siamo costretti a rimanere qui dentro. Avevo già passato tre giorni a sparargli contro praticamente ininterrottamente, ma non è servito…
Abbiamo munizioni a sufficienza per resistere altre due settimane, ma i miei nervi non terranno mai così a lungo…
- Cazzo… - è Franz
- Cosa succede?
- L'acqua… in una delle botti c'è un maledettissimo ratto…
- Ancora? - sparo un paio di colpi in direzione del forte, poi
mi riabbasso. - Sì… - è agitatissimo…
- L'hai detto al comandante?
- No…
- Allora vai a dirglielo, poi torna a darmi il cambio accidenti,
sono qui da un'eternità… - Franz è dannatamente
giovane, è praticamente un bambino.
La storia del ratto nell'acqua è una brutta grana, ma lui era già abba-stanza teso per conto suo.
Un colpo scheggia la pietra fuori dalla feritoia. Un frammento entra e mi colpisce in piena guancia… il dolore è lancinante.
Crollo a terra… il fucile mi cade di mano…
- Merda… - il mio è solo un gemito… Luis mi
vede con la coda dell'occhio
- Jakob… cazzo… - continua a sparare e a tenermi d'occhio
contemporaneamente - Jakob è stato colpito! - urla dietro di
sé, in direzione del groviglio di trincee.
Franz arriva di corsa e si inginocchia vicino a me.
- Jakob… - io raccolgo la poca lucidità che mi rimane e provo a parlare.
- Prendi quel fucile e spara… - Franz rimane immobile - Muoviti… ormai la mia voce è solo un soffio.
Rimango pietrificato a guardarlo ancora un attimo, poi afferro il mio fucile e mi metto al suo posto. Sparo qualche colpo, poi mi giro ad osservarlo intanto che ricarico… è svenuto…
Il proiettile, o il frammento di pietra, o quel diavolo di cosa che l'ha colpito, si è portato via tutta la guancia, togliendo al suo teschio la sembianza di volto…
- Qualcuno venga a prenderlo, sta perdendo molto sangue ma è vivo! il mio grido è disperato… so che non ce la farà…
Spengo la radio… No… Tiro un pugno alla parete di pietra.
Tutta la mia frustrazione mi sta martellando nelle testa.
Sento del sangue sgorgarmi dalle nocche, ma sono solo gocce totalmente insignificanti rispetto al mare di sangue che questa inutile guerra sta provocando.
Mi guardo la mano… sono solo gocce… Vi stringo attorno il fazzoletto. Il mio addetto alle comunicazioni è morto ieri.
Poverino, era solo andato a pisciare e s'è ritrovato con quattro buchi in mezzo alla schiena… Trentadue anni e due bambine che lo aspettavano a casa… Un anno fa era sopravvissuto ad un attacco terribile sul fronte francese… tre bombe una dietro all'altra proprio sulla sua unità… Vabbè, basta pensare a Markus. Non posso permettermi di soffrire così per tutti gli uomini che perdo… Chiudo gli occhi e ripenso a quello che mi hanno appena comunicato dal comando… La valle è persa.
Ormai tutta la zona è territorio italiano. Il nuovo confine è stato
spostato 14 chilometri più indietro. Dobbiamo ritirarci.
Respiro profondamente, così profondamente da farmi male.
Mi guardo in giro… i mucchi di munizioni calano minuto dopo minuto…
Perché cavolo non ci hanno dato l'ordine ieri? Loro sapevano
che gli italiani stavano avanzando pericolosamente, anche noi lo sapevamo,
tutti lo sapevano, ma loro ci hanno ordinato di rimanere, di mantenere
la posizione e di difendere il forte finché fosse possibile… e
oggi ci danno il comando di ritirarci… Per noi è troppo
tardi, noi siamo intrappolati…
- Joseph… - il comandante è un mio amico d'infanzia,
di me sa di potersi fidare… lo raggiungo quasi di corsa
- Dimmi… - è un
mio superiore in grado, ma tra di noi i formalismi mi sembrerebbero veramente
assurdi, e anche a lui sta bene che io continui a dargli del tu e a chiamarlo
per nome.
- Ho bisogno che tu faccia una cosa per me…
- Qualsiasi cosa, lo sai…
- Lo so, ma questa volta è una cosa che potrebbe rivelarsi
molto pericolosa…
- Di cosa si tratta? - è titubante… non sa se dirmi
tutto o no - Sputa il rospo, dai…
- La valle è persa, il nuovo confine si trova 14 chilometri
più a nord, quindi noi siamo in pieno territorio nemico… -
Per noi è la fine… - So che stai pensando che per noi è la
fine, è quello che ho pensato anch'io all'inizio, ma forse
una possibilità ce l'abbiamo ancora…
- Imparare in fretta l'italiano e cambiare divisa?
- No… L'altra uscita delle trincee, ti ricordi?
- Non ci sono altre uscite…
- Quando le abbiamo scavate avevamo perso il senso dell'orientamento
ad un certo punto, ricordi? Pensavamo di proseguire dritti verso l'altra
trincea per collegarle e invece siamo sbucati dall'altra parte della
collina…
- Io sono arrivato dopo, ma conosco il posto… Tu hai fatto tappare
il
buco però…
- Sono solo delle pietre appoggiate in qualche
modo…
- Cosa devo fare?
- Dovresti andare a dare un'occhiata… - ho capito cosa vuole
fare…
- E se la via non fosse libera? - nel buio non riesco a vedere troppo bene la sua espressione, ma la posso immaginare.
- Per noi sarebbe finita… - come immaginavo non avremo nessun
appoggio… - Ovviamente gli altri non…
- Non ti preoccupare, non sapranno nulla da me…
- Grazie… Sei sicuro di sentirtela?
- Non ti preoccupare, non c'è altro da fare che spostare
quattro sassi e tornare a riferirvi che la strada è libera… -
Lo dico con tono calmo anche se dentro mi sta montando una paura
folle e gli do un affettuoso pugno sulla spalla. Lui capisce e mi
saluta con una pacca sull'elmetto che me lo fa scivolare sugli occhi.
- Ok, allora vai… ma fa attenzione, mi raccomando Joseph! - Va bene tappo… ciao! - parto di fretta… tappo
era il soprannome che gli avevo affibbiato da piccolo…
- Allora, dov'era sbucato il tedesco esattamente?
- Proprio lì signore… - e indica un punto tra le foglie.
- Sei sicuro che non ti abbia visto?
- Sono sicuro signore!
- Bene… è l'unica via d'uscita che hanno dalle gallerie allora… - sto parlando tra me e me... torno a rivolgermi al soldato - Hai fatto un ottimo lavoro a non sparare, ragazzo!
Gli do una pacca sulla schiena e lui assume un'espressione ebete, con un sorriso che mi fa venir voglia di dargli un pugno… so che non ha sparato solo perché per la paura non è riuscito a togliere la sicura al fucile, le mani gli stanno ancora tremando.
- Che cosa facciamo adesso signore? Entriamo a prenderli?
- No, quel posto dev'essere una specie di labirinto e loro lo conoscono decisamente meglio di noi… saremmo carne da macello… No. Gli tenderemo un'imboscata. Li lasceremo uscire e poi gli spareremo contro… Non arriveranno mai al nuovo confine.