BibÌ
Loredana MontesantoIL RACCONTO
io lo so che mi chiamano scemo ma non è così. papà mi dice sempre di non credergli, che è tutta gente cattiva. dice anche che è un paese piccolo, che le vecchie parlano di tutto e di tutti e di non fare cose di cui potrei farlo vergognare. anche zio gianpiero aveva fatto una cosa brutta alla signora lapello e le guardie se lo sono preso e infatti dopo tutti in paese hanno parlato sempre male di lui. l’anno scorso ho sentito maddalena che diceva frasi brutte e muoveva le mani tutto attorno, sui capelli, e aveva le guance rosse come pomodori, e mi sono sentito quasi in colpa, come se fosse arrabbiata con me. così, mi dicono che devo stare attento perché c’è un cognome da difendere e la zia mi racconta che un giorno dovrò rispondere di tutto quello che ho fatto davanti a un certo signore che sta in cielo sulle nuvole, ma io veramente questo non l’ho capito tanto. io non sono cattivo, e non ho paura di niente. ogni giorno aiuto la zia a portare il pane, l’insalata e la frutta e lei mi accarezza la testa e mi dice bello di zia o mi lascia giocare con la pompa dell’acqua e bagno il muro di casa, le piante, il legno del cancello, le formiche. sento un profumo che non so neanche spiegarvi bene, come di estate, di terra fresca, di prato, che non penso ci sia da qualche altra parte, solo qui al paese. la zia è la sorella di papà e io la vedo quasi sempre con un grembiule lungo, lungo, lungo tutto come fatto di fiori, ma di colori strani. fiori così io non ne ho mai visti. lo porta sempre perché cucina e scopa la casa, il cortile e secondo me è una delle persone più importanti qui perché quando passano gli altri sorridono e la salutano tutti. quando mi siedo sulla panchina fuori dalla casa della zia mi piace battere i piedi forte e vedere la polvere che si alza e scappa dappertutto e mi sporca i pantaloni e le ciabatte. papà mi sgrida quando rientro a casa ma poi gli passa subito, perché io lo so che mi vuole bene, me lo dice sempre. quasi sempre di sera, prima di andare a dormire, mentre mi abbraccia. mi porta sempre un bicchiere d’acqua, anche, e lo lascia sul comodino vicino al letto così posso bere senza chiamarlo. prima di mettersi a letto invece giochiamo a carte, io, papà, la zia e elisa, perché la lasciano venire qui che tanto abita vicino. giochiamo a scopa, a briscola, a ruba mazzetto e ridiamo, stiamo benissimo e mi sento felice. papà si tocca la barba bianca, o i baffi, bianchi anche quelli, oppure mi guarda e strizza l’occhio e allora io so che ha una carta importante, come un asso, o un tre, o almeno un otto.
dopo la fontana non ci devi andare, lì no, non ci devi andare. io nemmeno questo non l’ho capito, perché ci sono sempre michele e giacomo che ci vanno, li vedo che passano con i motorini e fumano e ridono sempre quando mi vedono. scemo, ebete, scemo, scemo, scemo. vattene a casa, handicappato. ieri sera sono passati michele e giacomo e due ragazze che non avevo mai visto prima, e secondo me non sono del paese, e michele diceva a tutti che ero uno scemo e ha tirato su la gonna della ragazza che stava lì con lui e ha detto guarda qua scemo, guardate che faccia, che faccia. ridevano tutti tantissimo, anche la ragazza, così mi sono spaventato e sono corso dietro il muro, vicino alla porta della zia, e li sentivo ancora che ridevano. c’era un grosso secchio blu, pieno di acqua e sapone con una maglia bianca che stava lì dentro e a un certo punto ero veramente arrabbiato, e gli ho tirato un calcio fortissimo. così, che il secchio avrà fatto almeno dieci metri, dal muro al cancello, giuro, e l’acqua e il sapone scappavano giù in mezzo ai sassi e finivano sull’erba. poi ho ascoltato bene e michele, giacomo e le due ragazze non ridevano più.
zia è a comprare il latte e il pane e il papà dorme, non devo gridare e mi ha detto papà di controllare se viene claudia a portare le uova. fa caldo e mi sono levato anche le ciabatte, guardo le formiche che corrono su per il muro, hanno fatto una tana nuova vicino alla madonnina. eccoli. stavolta non vanno giù per la strada, si avvicinano. ehi, bibì vieni qui. parlate piano il papà dorme. bibì vieni qui che non ti facciamo mica niente. andiamo giù alla fontana, vieni con noi bibì. non posso. ci sono le giostre, c’è pure marcello che sta lì con anna, ci sono i calcinculo e il carretto delle caramelle. sto qua che aspetto che deve venire claudia per gli ovi. claudia non viene oggi bibì, è andata al mercato e sta fuori tutto il giorno. e se viene? non viene, l’abbiamo vista noi. papà si arrabbia. papà neanche lo vede, sta a dormire. vieni mezz’ora e te ne torni, manco se ne accorge. c’è marcello? c’è marcello e pure anna c’è.
ci sono un sacco di mirtilli e di more sulla strada per la fontana di pietra. magari è per questo che papà non vuole che ci vado, perché mi viene voglia di prenderli tutti e non si può perché sono davanti a casa di pierina a quindi penso che sono suoi. fa proprio caldo. non c’è nessuno che va alle giostre, stanno tutti a casa per il caldo? sono già tutti giù bibì. non so perché oggi non mi chiamano scemo o handicappato o non mi tirano sassi, sembrano gentili michele e giacomo e ridono quando mi giro, e così mi sento felice e rido anche io. magari da oggi siamo amici. marcello e anna sono già lì? sì, te l’ho già detto, stanno lì che giocano alle giostre. oggi ci passiamo un bel pomeriggio diverso, vero michè? michele sorride e mi dà un paio di colpi sulla schiena con la mano. come no? ci sta bibì che ci fa divertire e anche lui si diverte con noi, vero bibì? ma ci sta il tiro a segno? come, non ci sta il tiro a segno? ridono tantissimo. dopo tanto che camminiamo e ridiamo arriviamo alla fontana. c’è l’acqua che esce forte da una specie di bottiglia, la tiene in mano un bambino con il pisellino di fuori. il bambino sorride, ed ha in testa come delle foglie e anche se è bambino ha come dei muscoli. ficco la testa sotto l’acqua e mi sento benissimo, non fa più caldo, anzi. ora tutto il corpo è fresco, mi tolgo anche le ciabatte e l’orologio che mi ha regalato zia, le lascio vicino alla fontana, mi arrampico sul bordo e ci metto i piedi e le mani dentro. michele e giacomo invece stanno lì che aspettano e si guardano intorno perché pure a loro pare strano che non ci sia nessuno che passa per andare alle giostre. dove stanno ste giostre? siamo quasi arrivati bibì. lì dopo la stradina di sassi. ricominciamo a camminare, michele si mette davanti a me e ride e parla con giacomo che sta dietro, io sto lì in mezzo e rido con loro. ti piace allora il tiro a segno, sì? dopo un po’ arriviamo in un posto con tanti sassi, ma mi ricordo dell’orologio di zia. l’orologio di zia! l’ho lasciato alla fontana. lo prendi dopo. no, l’orologio di zia. mi giro, giacomo non mi fa passare. spostati, l’orologio di zia! ho detto che lo prendi dopo, cazzo. mi dà una spinta fortissima e casco per terra. un male fortissimo alla gamba, c’era un sasso a punta sotto. vedo sangue sulla gamba, ho paura e sento il cuore che fa male. giacomo! mi viene da piangere, la gamba fa malissimo. guarda, guardalo! michele ride e giacomo si mette davanti a me e mi dà un calcio proprio in mezzo alle gambe, io mi metto le mani lì e urlo dal male. prendi quello, muoviti, sta lì, muoviti. io mi giro per terra e cerco di alzarmi. stai lì, brutto deficiente. sento un altro calcio sulla schiena, casco con la faccia e mi ritrovo terra e sassolini e sangue in bocca. una serie di colpi. ora non urlo più perché mi fa male la schiena e non riesco a respirare. l’hai preso allora, dà qui. giro la testa e c’è michele che c’ha uno strano coso in mano, una specie di bastone lungo e scuro con una parte di ferro in cima, che mi pare sia come quello con cui papà taglia il legno a settembre. sulla gamba! giacomo ride tantissimo, poi sento un male forte forte alla gamba destra, vedo come una luce bianca da quanto fa male. e mi guardo e vedo quel coso dentro la pelle fino in fondo e sangue ovunque. senti, scemo, ti piace il tiro a segno? tocca a me. giacomo tira fuori dalla gamba quell’affare, sento male come quando c’era entrato. tiè, qui! ora sta sulla mano, mi pare si sia mezza staccata. non la sento più. piango e urlo, piango e ora urlo ancora, papà, papà! ancora un colpo sull’altra gamba, c’è sangue tutto intorno, pure sulla faccia. mi giro e mi giro ancora per terra. ora piango e basta, fa malissimo, fa malissimo, io non avevo fatto niente. avete iniziato voi e io non avevo fatto niente. dai, tagliagli il naso, il naso. che cazzo dici, michè? così lo uccidi! basta così michè! non sento più niente, mi sembra di vedere solo sangue e piango ma non sento nemmeno il bagnato delle lacrime. non sento più niente. basta michè! li sento che si muovono vicino, poi mi buttano quel coso addosso. sento rumore di sassi come quando corro vicino a casa di zia, poi basta. mi guardo le gambe e vedo solo sangue. chiudo gli occhi e chiamo papà, speriamo non si arrabbi papà. qua non ci stanno le giostre. un respiro, ora muoio.