Amici dell'altro mondo
Alessandra CesariIL RACCONTO
“Ferro! Anche questa volta il tuo tema lascia molto a desiderare… Non riesco a capire come mai tu abbia ottimi risultati in tutte le altre materie e sia un vero fallimento in italiano! Ma non ti piace nemmeno un po’ scrivere?” La Zampieri mi guardò da sopra gli occhiali, lo sguardo tra il deluso, il perplesso e lo scocciato, che significa: tu appartieni alla categoria degli incorreggibili! Aveva ragione. Amavo la matematica e tutte le materie scientifiche, ma non sopportavo l’italiano. Mi piaceva pensare, ma odiavo scrivere. Avevo scelto un Istituto Tecnico con la segreta speranza che prima o poi sarei riuscito a realizzare il mio sogno: diventare un genio della fisica. Per quanto mi sforzassi nella stesura di un tema d’italiano che meritasse almeno la sufficienza, mi ritrovavo regolarmente a fissare un foglio vuoto e a studiarne le dimensioni: lunghezza, larghezza, peso, attitudine a contenere parole (quante?). Osservavo le sfumature di colore delle righe, calcolavo la distanza fra di loro, le numeravo più e più volte, finché, al suono della campanella, buttavo giù qualche frase alla meglio e consegnavo con la solita aria da cane bastonato.
Mezzogiorno, oggi si esce prima. Il sole di giugno mi accoglie ardente mentre mi avvio verso casa. I miei compagni si fermano come al solito nel piccolo parco della città e si divertono a spruzzarsi con l’acqua della fontana. Ho fretta, ma mi sento tentato e mi unisco a loro. Si mettono tutti contro di me e in un attimo mi ritrovo fradicio. Mi fa piacere sentire l’acqua addosso, ma prometto a tutti che mi vendicherò domani e scappo via. All’improvviso mi sono ricordato di 48 e non voglio tardare all’appuntamento. Non vedo l’ora di scrivergli.
Sono già quasi le 13. Mia madre non è in casa; da quando mio padre è venuto a mancare per una malattia incurabile, lavora tutto il giorno e rientra a sera. Raggiungo la mia stanza e mi siedo al computer. Una sfilza di apparecchi, strumenti, congegni e fili mi circonda dappertutto. Ho ereditato da mio padre la sua notevole inclinazione verso la scienza, la sua infinita curiosità verso gli altri pianeti e l’universo intero, la sua innata capacità di utilizzare tutti gli strumenti possibili per riuscire nel suo intento. Le sue apparecchiature non hanno più segreti per me. Mano a mano che crescevo, mi insegnava ad utilizzarle e mi infondeva la sua passione.
Alcuni giorni fa ho ricevuto un’e-mail insolita accompagnata da un allegato. Contrariamente alle mie abitudini, l’ho aperta e conteneva un messaggio: “Ti vedo ogni giorno e ormai ti conosco. Vorrei essere tuo amico e ti mando una mia foto. Chiamami 48. Il mio nome, per te, è impronunciabile.” Che foto! Uno scoop! Un amico spaziale! Il suo corpo, se così si poteva definire, era diversissimo dal nostro. Eppure aveva uno sguardo così simpatico! E’ vero, la sua firma era illeggibile, ma il resto della lettera era scritto in perfetto italiano. Risposi subito che ero d’accordo e gli raccontai qualcosa di me, ma mi chiesi in che modo avrei potuto fargli avere il mio scritto. Non riuscii a individuare alcun indirizzo, così lo misi nelle bozze, in attesa di un’idea migliore. Immediatamente, 48 mi raggiunse con un’altra e-mail: “Vengo dallo spazio, ma non sono il solito marziano che vuole conquistare la Terra! Mi interessa conoscere la vostra vita. Non mi è possibile avvicinarmi tanto al vostro pianeta, ma vi osservo da lontano. Quante cose curiose ci sono da voi! Per esempio, oggi vi buttavate addosso una sostanza trasparente, che ti divertiva. Ma che cos’è? Da noi non esiste. E che sensazione si prova?”
Accidenti, come si fa a descrivere l’acqua? Da noi si dice: semplice come l’acqua. Dunque, caro 48, l’acqua è una sostanza liquida, può essere fredda, tiepida o calda o anche gelata o bollente, ma se tu non hai la mia pelle come fai a capire il significato di queste parole? D’estate rinfresca, disseta, dà sollievo, e per esempio quella del mare ha un rumore che ritorna, mentre quella del ruscello rimbalza, forma le cascatelle e quella del fiume fluisce e scorre, poi c’è la pioggia che cade… Ma come si dice che per noi l’acqua è … dov’è lo Zingarelli? Ecco qua, acqua naturale, minerale,… limpida, dolce, salmastra… però! Qui la cosa va un po’ per le lunghe. Dunque…
“Eugenio! Ma non hai mangiato niente? Ah, se non fossi tua madre non ti distinguerei fra tutte queste corbellerie! Con quelle cuffie e quei fili sembri un apparecchio anche tu! Vieni di là, dai, che mi racconti quello che hai fatto oggi.”
Eugenio si riscosse e guardò l’ora. Era tardi e fuori era quasi buio. Ma si sentiva leggero come l’aria e chiaro come l’acqua. Ma che stava pensando?
Penultimo giorno di scuola. Dietro i suoi occhiali, la Zampieri ha uno sguardo di soddisfatto compiacimento e la sua voce tradisce un’e-mozione nuova. “L’uso accurato della lingua ci permette di comunicare fra di noi, di stabilire rapporti di conoscenza e di amicizia, di stipulare accordi e di comprenderci meglio. A proposito, vorrei portare ad esempio l’elaborato del nostro Eugenio, che finalmente si discosta dall’abituale quarantotto che era solito consegnare e ci dimostra come l’impegno può portare…” Abituale quarantotto… Eugenio Ferro non ascolta più, perché ha sentito un piccolo fremito dentro il cuore e volge lo sguardo verso la finestra, dove il cielo limpido invita lo spirito a fondersi nel blu. Grazie, caro amico mio; la lezione più bella me l’hai data tu. Ho imparato il vero uso delle parole, che con te hanno acquistato un significato diverso. Ho gustato il sapore del sapere, ho apprezzato l’universo scoprendolo come fossi appena nato, anzi rinato. Sorrido alla Zampieri, la prof. che aveva ragione. Mi alzo per ritirare il tema.