Come conigli
Marta De SandreMarta De Sandre
Sono nata 44 anni fa a San Vito di Cadore (BL) dove vivo con il mio compagno ed
i nostri due figli.
Non ho lauree né impieghi prestigiosi, solo una grande curiosità per le tante storie
che ogni essere umano racchiude in sé. Alcune straordinarie, allegre, commoventi
ed altre banali, tristi e disperate ma comunque tutte degne di essere narrate.
IL RACCONTO
Lo specchio dell’ingresso mi rimanda un’immagine che stento a riconoscere.
Davvero gli eventi di questi ultimi mesi hanno segnato così tanto
il mio volto o non è forse l’ennesima menzogna di quello specchio con la
cornice a mosaico?
«Ci vuole uno specchio che crei un’”illusione ottica”» esclamò Julia
quando le dissi che mi angosciava questo ingresso così angusto, questa
specie di budello che sembrava volermi digerire invece di accogliermi a
casa. Aveva ragione, Julia: con quello specchio l’ingresso sembra più
grande ma è solo un’illusione, appunto, una bugia.
La Romania è come quello specchio: libertà, frontiere aperte, l’Europa
che ci accoglie… sono solo illusioni, in realtà appena provi a muoverti
sbatti contro ad un muro, proprio come nel mio ingresso.
Il giorno che Sergiu è partito per l’Italia abbiamo litigato furiosamente.
Sapevo che il futuro di questa casa, budello e specchio compresi,
dipendeva da quel fottuto viaggio, dalla possibilità di guadagnare euro
per pagarne il mutuo, dai sacrifici che la nuova situazione nazionale comporta,
il sogno da realizzare per le generazioni future e tutti questi altisonanti
bla, bla, bla.
Ma io non ero sicura se desideravo ancora, o no, un futuro per questa
casa e per questa nazione. E se mai l’avevo desiderato.
Insomma stava cascando il palco: a parole era facile assecondare l’ottimismo
di Sergiu, il suo entusiasmo, la sua felicità per essere, come diceva
lui, testimone ed artefice di un importante periodo storico.
Ma alla prova dei fatti lui era pronto a pagarne il prezzo mentre io no.
Io desideravo solo il mio uomo e un qualsiasi buco nel quale vivere, si fottesse
pure tutto il resto. Anzi, a dirla tutta, odio dover vivere in questo
periodo di transizione e, che Dio mi perdoni, preferirei tornare all’epoca
di Ceausescu, quando tutto faceva schifo ma di uno schifo che sapevo affrontare,
uno schifo sicuro e senza sorprese.
È partito con un sorriso che significava "va tutto bene” e se la durezza
delle mie parole, scaturite dalla sacca velenifera della paura e dell’incertezza,
lo avevano offeso o deluso, è stato molto bravo a nasconderlo. È
partito e ritornerà domani, tutto ciò che è successo tra questi due verbi è
un groviglio di sensazioni, di emozioni e di fatti oggettivi che mi sono
imposta di riordinare questa notte, rileggendo le sue lettere.
Cara Ileana,
al telefono è difficile (ed anche costoso) comunicarti le sensazioni che
sto provando ma non posso rischiare che vadano smarrite e così ho deciso
che le affiderò alla parola scritta, alle poste italiane ed al nostro postino
che, ad essere sinceri, non conosco nemmeno (ricordami, quando sarò di
ritorno, di stringergli la mano).
Forse non ti ho mai raccontato di un’estate trascorsa da mio zio in Tulcea:
lui era impiegato in frontiera e dalle finestre della sua casa si vedevano
alti grovigli di filo spinato. Li guardavo e mi sembrava strano che la
Romania finisse proprio lì, il paesaggio dall’altra parte era identico e probabilmente
qualche verme, sottoterra, stava attraversando il confine ignaro
di commettere un reato ed anche di ingurgitare terra straniera.
Ma sopra le cose erano molto più difficili e non solo per gli esseri umani.
Un giorno, mio cugino ed io, vedemmo un coniglio correre verso il filo
spinato.
Si impigliò nelle maglie che, ad ogni movimento, gli laceravano la pelle
provocando ferite sempre più profonde finché di lui non rimase che una
poltiglia sanguinolenta.
Ieri ho attraversato il confine, è rimasto qualche cartello che intima di
fermarsi ma non c’è nessuno che controlla i documenti, tutto sa di abbandono
ma senza il rimpianto che solitamente accompagna i ruderi. In lontananza
si vedono, intatti, i grovigli di filo spinato e sicuramente i conigli,
ignari della neonata libertà, continuano a morire per aver desiderato mangiare
un’erba straniera. Ma noi, per fortuna, non siamo conigli.
Sono arrivato in Italia a notte fonda, divido la stanza con quattro connazionali
che conoscerò domani, quando in piazza aspetteremo il camion
che ci porterà nei campi per la raccolta degli ortaggi. Questo è il lavoro che
mi attende e che mi permetterà di pagare il mutuo.
Prima di partire sono passato in banca, ho salutato il direttore promettendogli
di pagare puntualmente ed assicurandogli che non ce l’abbiamo con
lui per averci consigliato il mutuo in euro, che ovviamente la svalutazione del
Leu non era prevista e che non è vero che tu cambi strada quando lo incontri.
So benissimo che fai così, Ileana, ma quel pover’uomo è sinceramente
dispiaciuto e ti prego di non volergli addossare tutte le colpe. Ne usciremo
alla grande, amore mio.
Tuo Sergiu.
Cara Ileana,
per quattro giorni mi sono svegliato all’alba senza riuscire a salire su
quel camion.
Ingenuamente mi presentavo ogni mattina pulito e ben rasato, parlavo
italiano, insomma cercavo di fare una buona impressione. Poi ho capito
che dovevo fare il contrario di ciò che farei normalmente per ottenere un
lavoro, dovevo sembrare più stupido di quanto sono.
Tutto sommato non è stato difficile, ho finto di non capire una parola
di italiano, ho abbassato lo sguardo e mi sono dipinto in volto un’espressione
idiota.
Se hanno bisogno di braccia senza cervello avranno braccia senza cervello.
Ora sarai inorridita, il tuo orgoglio, che un tempo fu anche il mio, non
ti permetterebbe di scendere così in basso ma qui si vive in una dimensione
diversa, conta solo il risultato.
Non mi sento ferito nel mio amor proprio, lo considero uno scambio commerciale:
braccia contro euro. Quello che sono, quanto valgo, la mia intelligenza
e la mia sensibilità non fanno parte di questo scambio e comunque non
le considero patrimonio alienabile, per nessuna cifra in nessuna valuta.
Il quinto giorno sono stato scelto insieme ad una decina di altri rumeni,
tra i quali non tutti quelli che sembravano stupidi fingevano di esserlo,
ho lavorato sodo e da allora ho il lavoro assicurato. I soldi non sono
sufficienti per coprire la rata del mutuo per cui mi spiace, amore mio, che
tu debba sacrificare gran parte del tuo stipendio.
Abbi fede, non in Dio, ti prego, ma in me.
Sergiu
Cara Ileana,
la settimana scorsa è successa una cosa grandiosa: mi sono svegliato
tardi, ho perso il camion e, grazie al destino, a Dio o a chi per loro, ho conosciuto
Michela e Giorgio.
Quando li ho incontrati e mi hanno proposto il lavoro erano così gentili
e sorridenti che mi sono dimenticato di fare lo stupido ed ho iniziato a
conversare in italiano.
Come ti ho spiegato al telefono hanno un piccolo campo dove coltivano
ortaggi biologici ed un banco al mercato sempre pieno di clienti.
Il mio compito è aiutare nei campi e qualche volta sostituire Giorgio al
mercato, la paga è quasi doppia rispetto a quella di prima e mi hanno offerto
alloggio presso la loro cascina dove ho una stanza tutta per me.
Al telefono oggi ti ho sentita allarmata e, non sapendo come e quante
notizie dall’Italia arrivino in patria, ho deciso di raccontarti le cose come
le vivo io e come cerca di spiegarmele Giorgio.
Dall’apertura delle frontiere sono molti i rumeni arrivati in Italia e forse,
ma questo è un pensiero mio, quelli come me che vengono per lavorare e
guadagnare qualche euro, sono la minoranza.
Il resto la solita feccia: prostitute, protettori, spacciatori, stupratori e
ladri.
Alcuni giorni fa anche qui, che tutto sommato è un posto tranquillo,
una ragazzina è stata violentata da due uomini, sembra rumeni.
Giorgio teme che il suo popolo, non riuscendo a distinguere uno stupratore
da un uomo onesto, finisca col decidere che è più facile prendersela
con tutti i rumeni che sono, tutto sommato, ben distinguibili dagli
italiani. Lui, ed in questo ti assomiglia molto, è poco fiducioso nella capacità
di discernimento e nella sensibilità del suo prossimo.
Ma io non posso condividere il suo pessimismo, né posso credere che un
popolo da sempre emigrante e che da sempre ha dovuto lottare contro il
pregiudizio, improvvisamente dimentichi di essere stato vittima per vestire
i panni dell’aguzzino.
Ogni mattina mi sveglio e vado al lavoro, ora i soldi che mando sono
sufficienti per coprire la rata del mutuo e sono felice. Ho te, due amici fantastici,
un buon lavoro ed un futuro meraviglioso che mi attende nel mio
Paese. Hai visto Ileana? Avevo ragione io, ce la stiamo facendo, ancora
qualche sacrificio e di tutto questo non resterà che un racconto per gli
amici, dopo cena, nella nostra bellissima casa.
Ti amo, Sergiu.
Questa era l’ultima, resta ancora un ritaglio di giornale che ho infilato in una busta trasparente. I quotidiani sono scritti su carta fragile, del resto sono fatti per durare un giorno solamente e poi andare al macero.
Previsto per domani il rientro della salma di Sergiu Dragan.
È previsto per domani, nel tardo pomeriggio, il rientro in patria della
salma di Sergiu Dragan, il nostro connazionale ucciso in Italia durante i
tafferugli scoppiati tra italiani e rumeni al mercato ortofrutticolo nel
quale lavorava.
Secondo la polizia un gruppo di italiani ha aggredito alcuni rumeni
come atto di rappresaglia per uno stupro commesso qualche settimana
prima ad opera, secondo alcuni testimoni, di due nostri connazionali.
Sergiu Dragan è risultato del tutto estraneo a tale delitto. Le spoglie
del giovane saranno accompagnate da due funzionari del ministero degli
esteri che porteranno personalmente alla vedova le condoglianze del presidente
della repubblica e dell’intero popolo italiano.