Mascarpone e vita eterna
Manuel CorsoManuel Corso
Nato il 23 ottobre 1980, si è laureato in Economia e Gestione dei Servizi Turistici a Venezia. Dopo un’esperienza lavorativa in Liguria, è rientrato nella valle di Primiero dove tuttora lavora presso la locale Azienda per il Turismo.
IL RACCONTO
“Secondo te in paradiso manteniamo per sempre l’età che avevamo
quando abbiamo lasciato la vita terrena?” Silenzio. La risposta è affidata
all’incessante ronzio del suo asciugacapelli imbolsito. Mi giro nel letto per
l’ennesima volta ma quei pensieri hanno ormai sciupato il mio cuscino.
Quando non dormo divento insofferente. Allora apro gli occhi, e mi lancio
sui pantaloni per affrontare di petto la giornata. Lei esce dal bagno con
lo spazzolino in bocca. So che è solo una scusa per non immischiarsi nelle
mie paturnie mattutine e continuo.
“Dico davvero: quando pensiamo ai nostri cari defunti li immaginiamo
sempre come se ne sono andati. Ma dove sta scritto che se muore un ragazzo
in paradiso vive per sempre da giovane? E se uno muore più in là negli
anni passa la sua vita eterna da vecchio? Bel casino sta vita eterna. Perché
nessuno ci ha mai spiegato le regole del gioco?”
“E dove è finita la mia camicia?”
Lei indica il tappeto con un cenno veloce (la camicia), razzola nervosamente
nella borsetta e scompare nuovamente dietro la porta del bagno.
Ancora nessuna risposta.
Inizia a ribollirmi qualcosa dentro e come riflesso condizionato apro il
frigorifero. Che cazzo mangio per colazione? A quel punto Lei piomba in
cucina.
“Lo sai che oggi devo passare prima da Chicca. Te l’ho detto anche ieri
sera. Magari dovresti ascoltarmi qualche volta. Ricordati di pagare l’assicurazione
e comprare il mascarpone.”
Cerco di rimanere lucido. Va bene un caffè. Poco sbattimento e risultato
garantito. Poi tento di reagire.
“Chicca chi? Non mi hai detto niente. E con che soldi pago l’assicurazione?
Non l’abbiamo già pagata il mese scorso?”
La sento sospirare e so già che il mio tentativo di ribattere finirà in un
fallimento totale.
“La prossima volta non mangiare più quei mattoni di pizze che così
dormi, non te ne vieni fuori con queste menate e mi lasci dormire. Quante
Chicca conosci? È una settimana che ho preso l’appuntamento per la messa
in piega. I soldi devi prelevarli: ieri ho pagato l’idraulico. Già che ci se
prendi anche quelli per la macchina. Se arrivi prima passa a prendere la
doccetta della vasca che l’hanno aggiustata. E ricordati il mascarpone che
sono rimasta senza. Vado. Ciao”.
Chiudo la porta dietro di me e m'incammino lungo il viale, verso la fermata.
Alla mattina amo scrutare discretamente le facce che incrocio lungo il
mio tragitto. Tre o quattro secondi per carpirne i pensieri, abbozzare il loro
carattere. È un gioco che mi diverte e credo di essere bravo.
Alla fermata dell’autobus tutto riesce ancor più facile. Pochi istanti di
banale attesa tra persone sconosciute ed è come se rivelassimo a tutti i
nostri pensieri più reconditi, perdendo improvvisamente quella capacità di
dissimulare che ci rende compiacenti pedine della società. Basterebbe il
suono di un clacson, il saluto di un passante, una battuta sul tempo per
redimerci da quel nulla assoluto che ci mette a nudo.
Così assisto alla solita scena: il settantenne bonaccione che avrebbe
voglia di parlare, discutere, raccontare amabilmente le sue esperienze. L’adolescente
armato di i-pod a palla e vestiti a brindelli che vorrebbe gridare
il suo rifiuto alla società. La signora di mezz’età che lo guarda con malcelato
disprezzo e pensa che, nonostante un matrimonio tutto sbagliato, se
fosse stato figlio suo non si sarebbe mai ridotto così. Fuggevoli pillole di
vita cariche il più delle volte di insoddisfazione, smarrimento e fragilità.
Chissà se anche gli altri conoscono il giochetto...
In questo caso ora staranno ridendo di me e penseranno che a Leopardi
non sarà mai capitato di dover interrompere i suoi pensieri sull’infinito per
uscire a comprare il mascarpone!! Beh, direi di no, visti i risultati. Ma
potrei ribattere che lui non aveva una donna...
In effetti ci ho riflettuto diverse volte e credo che Lei mi limiti. Forse
non è quella giusta. Magari senza di Lei ora sarei un eminente sapientologo
e chissà quali cazzi avrei scoperto. In fondo il pallino l’ho sempre avuto. Mi
spaventa quel suo essere organizzata e lucida nella vita di tutti i giorni,
quanto irrazionale ed ermetica se si sposta l’orizzonte poco oltre. Spesso mi
spiazza e talvolta mi irrita. Quasi mai riusciamo a comunicare sulla stessa
frequenza complice quella miriade di insignificanti episodi quotidiani che
riescono ad incasinarci la giornata. E tutte le sere la conversazione si risolve
nella stessa irritante domanda: come è andata oggi? Niente di speciale:
lavoro, pausa pranzo, lavoro.
Perché allora se parlo di vita eterna Lei risponde mascarpone?
Ci pensa l’autobus che appare in fondo al viale a rimettere in moto quel
meccanismo di non-pensiero che mi aiuta a riappropriarmi delle mie effimere
certezze quotidiane. E si riparte come da programma. Lavoro. Pausa pranzo.
Lavoro.
Alle sei la fermata brulica di colleghi, amici, facce conosciute. Tutto
sembra fare meno paura. Sull’autobus avverto un mondo migliore. Il cinquantenne
bonaccione, nonostante il divieto di parlare al conducente, discute
amabilmente di agricoltura biologica con l’autista.
L’adolescente scapestrato troneggia il posto centrale riservato ai boss e
si scambia tenerezze con una ragazzina che sembra ridere alle sue battute.
La signora di mezz’età, circondata da borse della spesa, racconta orgogliosa
all’amica che suo figlio subito dopo la laurea ha trovato un bel posto
in banca...
Mi scappa quasi da ridere. E l’atmosfera di stamattina carica di sfiducia
e vittimismo è svanita?
Davvero basta scambiare poche parole con qualcuno per liberarci da
quel pesante fardello di tensioni e paure che inconsapevolmente ci
costruiamo addosso ogni giorno?
Stringo trionfante il mascarpone che ho abilmente conquistato pochi
minuti prima nel banco frigo del supermercato (grazie alla commessa impietositasi
dal mio ramingo peregrinare su e giù dalla corsia dei formaggi).
Ora sorrido anch’io. Non è da Lei che devo pretendere risposte alle mie
balzane domande esistenziali. Ciò che conta davvero è sapere che è disposta
a condividere con me la vita di tutti i giorni. E in questo, a suo modo, è
la migliore.
Sorrido perché stasera con quel mascarpone Lei preparerà il suo impareggiabile
tiramisù.
È il modo più spontaneo e silenzioso che conosce per rendermi felice.
Per farmi sapere che comunque vada e qualunque età avremo in paradiso
Lei adesso è li al mio fianco.
E allora chissenefrega della vita eterna! Ne ho ancora tanta da vivere
quaggiù.