Quarta edizione 2007 • segnalato seconda categoria

L'anniversario

Valentina Brunettin

Valentina Brunettin

Laurea in Lingue e Letterature Straniere; vive a Udine. Pubblicazioni: 1998 – L'antibo; 2002 – Fuoco su Babilonia (entrambi per Marsilio Editori). Vincitrice nel 1998 del premio "Campiello Giovani".

LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA

Una scrittura sicura, adulta, chirurgica - del resto già ripetutamente segnalata in questi anni da critici autorevoli - contrassegna questo racconto, tratto da una raccolta il cui titolo, "Autismi"' a sua volta rappresenta una ulteriore chiave di lettura dell'universo letterario dell'autore. In questo universo una spietata vivisezione di momenti apparentemente minimi, ininfluenti, quotidiani, ripetuti, banali, rovescia - con un ritmo ora noir, ora surreale, ora sardonico -, l'orizzonte non solo di chi scrive, ma anche di chi legge. Così l'andare a pesca é l'occasione per digressioni spericolate, mai urlate, sempre accennate, sussurrate, quasi consigliate sottovoce. E il "piacere struggente" del pesce che abbocca all'amo é rivelatore di altri piaceri, di altri dolori...

IL RACCONTO

Sedici anni di matrimonio ancorati al piccolo tavolo tondo sul terrazzo, al bouquet di fiori d’arancio che vi troneggia sopra arruffato e pesto, e al profumo di cipolla caramellata. È così che Vittoria ha imbastito il suo anniversario, il sedicesimo, che segue quindici identici. Sempre la cena sul terrazzo, sempre i fiori, sempre il soffritto pungente nell’aria.
Che dire, Vittoria (capelli biondi opachi, occhi cerulei e incisivi sporgenti) è una tradizionale tradizionalista. Adora le feste imposte. Natale, Pasqua e Pasquetta, Ferragosto. La ciclicità la culla, dopotutto lei è una donna che si lascia assopire, non ha bisogno di emozioni struggenti o di fughe: Vittoria crede di assomigliare al suo ficus beniaminus, che per errore ha ripiantato in un vaso troppo capiente, dove le radici si sono espanse a dismisura mentre la chioma è rimasta impassibile. Vittoria trova affascinante il mistero delle proprie radici.
Cosa ha cucinato stasera Vittoria per suo marito? Ovviamente pinzimonio in tempura (che suo marito adora), pappardelle al sugo di cervo (che suo marito adora) e roast-beef condito con una salsa toscana, profumata all’aceto balsamico (che suo marito adora) C’è anche una torta preconfezionata, con bignè ripieni di crema Chantilly. Suo marito l’adora.
Il voluttuoso pettinarsi del mare sembra accompagnarsi con soffici soffi a quello del pettinarsi di lei. Vittoria indossa un abito di lino arancio e un ciondolo di corallo. Non si è truccata, il caldo umido non lo permette. Si è concessa solo un paio di spruzzate del suo profumo preferito.
Come sempre fa, Vittoria accende il candelabro e liscia la tovaglia. Quindi raggiunge i fornelli dove continua l’attività borbottante di tutte le pentole. Infine si affaccia in camera da letto e sorride alla scatola colorata con tanto di fiocco, che ha lasciato sul copriletto. Con gesti materni, solleva il coperchio del regalo.
In mezzo a carta increspata color lavanda, Vittoria sfiora il pizzo di un reggiseno rigido, violentemente femminile. Sotto c’è un perizoma coordinato e a lato un paio di calze con relativa guepiére. Il tutto è di un imbarazzante color rosso sangue.
Vittoria è felice della sorpresa che farà a suo marito, sa che gli uomini sono come bambini, bisogna intrattenerli, stupirli, ravvivarli e congestionarli sempre con nuovi stimoli. Tutto questo non è parte della sua indole adiposa, pacifica. Ma per amore si è sempre riservata di cambiare.
Emiliano arriva. Indossa ancora il suo completo color sabbia e i suoi occhialini tecnici, da ingegnere, che gli scendono sempre sul naso e lo costringono a tenere il volto sollevato verso l’alto, in una posa saccente. – Auguri, amore. – sussurra Vittoria sotto l’orecchio del marito. Lui ricambia e le bacia le labbra.
– Ho tempo per una doccia, cara? – sbadiglia allegramente.
Vittoria annuisce.
Mezz’ora dopo sono a cena, con le mani allacciate, quasi fossero in posa per una foto. Emiliano si guarda intorno, a destra e a sinistra, girando il capo come un faro portuale. L’azzurro polveroso del tramonto sbiadisce i color della moglie, del cibo, dei fiori sul tavolo. Aromi di olio caldo, vino, agrumi, Allure, sudore si mescolano insieme in una cupola olfattiva densa e fastidiosa. Emiliano è sazio, ma mastica ancora guardingo e sorridente il roast-beef cucinato da Vittoria. Lei si tortura la bocca all’interno con la lingua e la guancia, un filamento di carne si è infilato tra due denti. È dolce, sorridente, un po’ intorpidita dal vino e dalla bellezza spigolosa di suo marito. Sono le 21.15 e Vittoria, sempre strizzando la mano del compagno, gli pone la solita domanda che ogni anno, in questa occasione ( e quasi alla stessa ora) gli pone.
– Amore, te lo ricordi il giorno del nostro matrimonio?
– Lui, come fa da quindici anni, sorride e sospira rapito.
– Certo. Tu eri bellissima, e lo sei ancora. Il tuo abito era stupendo.
– No, non è vero.– ridacchia Vittoria con aria da cocotte.
– Non è vero, amore, eri incantevole. –
Vittoria inizia a impastare i ricordi e come succede sempre ne pesca tre. Emiliano li conosce già: la caduta di sua sorella Marisa, il romantico ballo con suo padre e la sbornia colossale che lui stesso si accorse di avere a fine serata. Vittoria si allunga sulla sedia.
– Emi, ti ricordi di mia sorella? È caduta come una pera marcia e poi si è messa a ridere. Tutti le chiedevano come stava, se si era fatta male e lei rideva e il fotografo le scattava foto e lei rideva…–
– I gradini fuori dalla chiesa erano scivolosi…–
– …E mio padre, Emi, che fantastico uomo era, come lo rimpiango ora che non c’è più… quel dolce lento insieme, lui commosso, che per timidezza mi piangeva fra i capelli… –
– …Già… –
– …E tu? Sbronzo sul letto dell’hotel che mi biascicavi “amore, perdonami, ma proprio non ce la faccio”… –
– Ti ho fatto passare una prima notte di nozze orribile, vero?– ride stancamente Emiliano.
– No, assolutamente. È stato romantico comunque. E poi non aveva importanza, facevamo l’amore da mesi ormai…–
Un silenzio imperterrito si stende su di loro.
Emiliano guarda sua moglie, una creatura domestica. Vittoria corre a piccoli passi a recuperare la torta e, sebbene si senta un po’ brilla, seziona con precisione due fette abbondanti. Di fronte a lei vede Emiliano, seduto tranquillo sul terrazzo, intento a fumare.
I due mangiano e infine si baciano.
Un’ora dopo (una lunga ora spesa a riordinare il terrazzo e la cucina, a cancellare i segni della festa, con la piacevole consapevolezza di aver finito un rito obbligatorio) Vittoria ed Emiliano si baciano meccanicamente sul letto.
– Non lo apri il mio regalo? – chiede a un tratto lei, scivolando fuori dal tenue abbraccio di suo marito.
– Prima tu apri il mio. –
Emiliano le porge un cofanetto blu e Vittoria brilla di emozione artefatta, perché sa perfettamente cosa contiene. Un paio di orecchini di perle, o un bracciale di perle, abbinati al collier ricevuto a Natale. Emiliano è fatto così: ogni regalo si aggancia al precedente e al prossimo, in un perfetto schema di equilibri e rimandi. Vittoria apre e squittisce allegra: ha ragione, sono gli orecchini. A occhio e croce, per il prossimo compleanno ci sarà il braccialetto pronosticato.
– Tesoro, sono stupendi. E anche tu lo sei. –
Vittoria indossa i due orecchini e sventola i capelli da un lato all’altro, per esibirli. Suo marito sorride.
– Ora tocca a te, caro – sussurra lei gettandosi di peso all’indietro, per distendersi.
Emiliano, con una bracciata, avvicina a sé la scatola e con aria sospettosa solleva il coperchio. Il suo sguardo è imbarazzato ed emozionato. Lei si stende su un fianco e osserva suo marito pescare uno ad uno gli indumenti di lingerie.
Emiliano è paonazzo e vergognoso.
Vittoria allunga un braccio barcollante verso il viso dell’uomo che ama e lui prova gratitudine, comprensione e soffice tristezza per quella donna straordinaria.
– Ora puoi smettere di usare di nascosto la mia biancheria. – annuncia lei. Si abbracciano.
Emiliano si è addobbato come previsto e assomiglia a una grossa e lunga pin up muscolosa, a una nuotatrice sexy. I pochi peli del petto spariscono accanto alla luminosità cremisi del reggiseno che indossa.
Vittoria è nuda, sul letto, e osserva suo marito osservarsi allo specchio.
Esattamente in questo atteggiamento lo spiò dieci anni fa, mentre stava per entrare in camera da letto con le lenzuola appena stirate. Lo ricorda ancora: lui che si guardava felice con addosso il suo baby-doll rosa e ai piedi il suo paio di scarpe con il tacco color avorio; Vittoria si era ingoiata il respiro e continuava a fissare l’angosciante scena del suo uomo alto, asciutto e ruvido che sfilava davanti allo specchio con gorgogliante vanità.
Vittoria è contenta di se stessa e abbraccia suo marito, che da dieci anni (e forse più, chi può dirlo) si traveste da donna e si compiace, si immedesima e forse si eccita in qualcosa/qualcuno che non è lui. Mentre accarezza Emiliano, lo bacia, lo ama con una passione nuova e più disarmante; non è infastidita dal pizzo rosso né dalle sue palpebre colorate con una polvere dorata, né dalle sue ciglia appesantite dal rimmel steso con mano inesperta. Del resto, lo stesso Emiliano si sente più a suo agio in quella nudità travestita.
Dopo cinque minuti, quasi senza che nessuno dei due se ne accorga, stanno facendo l’amore.

È l’una del mattino. Emiliano russa, il viso ancora impiastricciato di make up sbavato.
Vittoria ascolta il mare, ne immagina le creste che si allungano come un brivido. È placida e serena. In fondo, pensa mentre cerca di assopirsi, non è così difficile essere una moglie.
C’è una cosa che suo padre le disse, mentre ballavano insieme il giorno del suo matrimonio, ed è un dettaglio che Emiliano non conosce. “Il vero segreto per un matrimonio felice è non avere segreti”.
Vittoria sposta un piede, sotto il lenzuolo. Il suo alluce sfiora un mucchietto di stoffa e pizzo, in fondo al letto. Sta per addormentarsi e già pensa al menu per la cena dell’anniversario del prossimo anno. Gamberetti in salsa agrodolce, insalata di piovra, seppie ripiene.