Correndo verso il futuro
Selene CattaniIL RACCONTO
Vedo le luci in lontananza.
L’eco dei cani che abbaiano mi rimbomba nelle orecchie.
Provo ad alzarmi in piedi, ma ho un crampo alla gamba, dovuto alla scomodissima posizione in cui sono stato costretto a stare sul furgoncino. Gli altri sfortunati che erano con me non sembrano avere questo problema… accidenti, stanno già correndo nella direzione della salvezza: nord… gli Stati Uniti d’America!
Per un attimo mi lascio prendere dal panico, ma poi capisco che in qualche modo potrebbe essere una fortuna per me essermi staccato dagli altri: mentre le guardie cercheranno di prendere loro, io potrei farcela…
Basta pensare: è ora di agire!
Comincio a camminare piano per farmi passare il male alla gamba… pochi passi e sono a posto.
Gli altri sono andati dritti verso la frontiera, seguendo il percorso più breve… potrei spostarmi qualche centinaio di metri a destra e poi puntare verso nord… sì, potrebbe funzionare!
Stando sempre attento a dove metto i piedi comincio a correre, o almeno ad andare il più veloce possibile pur rimanendo abbassato.
Avrò percorso seicento metri quando mi accorgo di essermi contemporaneamente avvicinato alla rete che separa il Messico dagli USA… il cuore mi batte forte, e non solo per lo sforzo… mi sdraio un momento sulla pancia per riprendere fiato e per controllare se c’è qualcuno in giro: mi sembra di essere solo, per fortuna!
Più in là sento delle urla: i miei compagni di sventura sono stati scoperti… il rumore degli spari delle mitragliette degli americani mi scuotono: devo sbrigarmi.
Prendo un ultimo, profondo respiro e schizzo in piedi.
Comincio a correre più veloce che posso… i piedi sembrano andare da soli. Salto sulla rete, mi aggrappo con le mani come una scimmia e salgo… non avevo mai scavalcato una recinzione in vita mia!
Arrivato in cima mi butto dall’altra parte senza guardare giù: non è il momento di perdere tempo!
Ricomincio a correre… non sento altro che i battiti del mio cuore, non vedo altro che la bandiera a stelle e strisce, il simbolo delle speranze di quasi tutti i messicani.
Non è tanto caldo, ma sono così sudato che ho la maglietta inzuppata.
Corro, corro, corro… non so quanto sono ormai distante dalla frontiera, ma non mi sembra ancora sufficiente… risento gli spari (questa volta sono solo nella mia testa) e penso che avrei potuto essere io ad essere colpito da quei proiettili… e allora corro, corro,corro…
Inciampo, mi risollevo e ricomincio a correre, ma so che non potrò correre ancora a lungo… inciampo di nuovo, ma questa volta le gambe non vogliono più saperne, allora resto fermo lì dove sono caduto.
La milza mi fa un male cane, le gambe stanno tremando e penso che i polmoni mi debbano scoppiare da un momento all’altro…
Resto così per un po’, poi, con uno sforzo enorme, mi rialzo in piedi.
Mi guardo intorno: dietro di me non vedo più niente: devo essermi allontanato un bel po’!
Riprendo la mia marcia verso la libertà… ormai ce l’ ho fatta, ne sono sicuro! Quando me ne rendo conto non mi sembra più così faticoso; ogni pietra su cui inciampo, ogni arbusto, ogni cosa che ho intorno mi sembra fantastica…
Il cielo comincia a rischiararsi: un nuovo giorno sta nascendo… il mio primo giorno da clandestino, il mio primo giorno negli States, al di qua di quella frontiera che è ben più di un confine tra Messico e USA, è un confine tra ricchezza e povertà, tra sogno e realtà, tra nero passato e roseo futuro…
In questo momento non me ne frega niente di trovarmi un lavoro, procurarmi dei documenti americani, mangiare… ho passato il confine e per ora mi basta…