Cacciare
Cristian TomasIL RACCONTO
«Certo, Hemingway, cacciava. Dico, andava a cacciare con il padre e poi se n’è andato pure in Africa a sparare qualche colpo» mi dice guardandomi.
« E con questo? Cosa vuoi dire? Se è per quello andava pure a pesca, come Carver. Mica basta cacciare o pescare per essere un buono scrittore, non credi?» gli rispondo perplesso.
« No, ma aiuta. Non è un caso che due grandi scrittori fossero pescatori o cacciassero in generale».
« Be’ se credi che basti prenditi la licenza. Vai a caccia» gli dico e mi accendo una sigaretta.
« Ovvio che non basta, no. Ma non l’ho mai detto, che diamine!»
Mi guarda come se non capissi e scuote un po’ la testa mentre sorseggia la sua Pilsner.
« Ma aiuta».
« Sì, proprio, e non guardarmi come se fossi un deficiente. Sì insomma, ci hanno scritto poi sulla pesca e sulla caccia: prendi Hemingway, gli hanno dato il Nobel per aver scritto di un vecchio che se ne va a pesca, ti pare poco?»
« No, ma anche Charlie Parker si faceva prima di suonare, ma non serve essere strafatti per suonare bene, o no?»
« Certo che no e con questo? Vuoi dire che non serve cacciare o pescare?»
« Sicuro non è fondamentale» gli dico. «Non devi scrivere per forza di caccia, Cristo è pieno il mondo di argomenti di cui scrivere!»
« Questo è vero. Ordino altre due birre, che ne dici?»
« Sì così brinderemo a Carver, Hemingway e la caccia e la pesca» gli dico scherzando.
« Certo che non mi sarei mai aspettato di trovarti in un locale gay e a parlare di letteratura per di più» riprendo.
« Tu hai un compagno?» mi fa.
« No ma va bene così, e tu?»
« Nemmeno io, ma sto da dio. Giuro» e annuisce mentre manda giù la birra fresca, io, intanto ho finito la cicca.
« I tuoi, – sbotta all’improvviso – loro come l’hanno presa?»
« Sai com’è mia madre. Mia sorella invece mi ha detto che spera che sia felice» gli dico mentre fisso la copia del Mirò alle sue spalle.
Il locale è pieno, i separé pure.
I camerieri vanno e vengono con i loro vassoi: una volta carichi di cocktails, un’altra volta vuoti.
« E tuo padre, invece?» gli faccio,guardandolo negli occhi.
Lui distoglie lo sguardo e si tormenta il collo, sotto la nuca.
« Mio padre è un ufficiale; per lui è un’onta avere un figlio “deviato”. Per questo me ne sono andato da Roma e sono tornato solo ora» mi confessa con voce dispiaciuta e sarcastica. Cerco un’altra MS e gli chiedo del lavoro. «Come va? I colleghi lo evitano?»
« No per quello, al lavoro sto bene, non ci sono incomprensioni, ovvio qualche pregiudizio c’è, ma dopotutto non si può pretendere di essere totalmente compresi». Mi fissa sorridendo.
« E il tuo libro» gli chiedo – è tutta la sera che aspetto di chiederglielo – «come procede il lavoro?»
« Procede che sto leggendo Carver e soprattutto Hemingway, che in definitiva è il migliore. Già, sì, è il migliore. Così per avere qualche spunto, qualche indicazione» mi spiega, spostando il bicchiere vuoto sul tavolo da una parte all’altra, facendolo scivolare sulla superficie liscia.
« Il migliore, ricordatelo, è Carver. Sicuro» obbietto accendendo la sigaretta.
« Che vuoi “De gustibus non est disputandum”» dichiara spalancando le braccia e scotendo appena la testa.
« Vero anche questo» dico.
Ci siamo alzati e siamo andati al suo albergo, una pensioncina tranquilla, «in attesa di una sistemazione migliore» come mi dice lui, mentre entriamo nella stanza.
Ci eravamo fermati a comprare delle sigarette ad un distributore prima di imboccare la strada dell’albergo.
« Carina» gli faccio entrando e gettando in giro un’occhiata.
« Sì carina e discreta» annuisce soddisfatto «mi cercherò un appartamento, magari più avanti. Qui mi piace,è tranquillo.
« Il clima giusto per scrivere e leggere» dico.
« Già» e prende due libri «Ecco, questi sono i libri che sto leggendo, “Avere e non avere” e “Vuoi star zitta, per favore?”
« Ottimi libri».
« Sì, davvero, li hai letti?» mi chiede.
Gli dico: «Certo che sì».
Mi sono svegliato prima di lui, ho preso il pacchetto delle sigarette dal comodino, mi sono messo a sedere sul letto e ne ho accesa una, poi ho cercato il posacenere per buttarci dentro la cenere e me lo sono messo in grembo sopra al lenzuolo. Mi sono messo a guardare i raggi di sole che cominciavano a entrare e mi fumavo tranquillo la mia MS.
Poi dopo un po’ che l’avevo spenta, s’è svegliato anche lui e si è stiracchiato: «Buongiorno» mi fa. «Buongiorno» rispondo.
Si tira su e mi fa: «Hemingway ha mai scritto niente di simile?»
Lo guardo sorpreso: «Niente di simile a che?»
« Dico, ha mai scritto di due amici gay che si incontrano e se ne vanno in albergo, dopo aver parlato per due ore di letteratura?»
« Be’, credo di no» gli rispondo stringendomi nelle spalle.
« Allora ci scriverò io qualcosa, davvero, qualcosa di straordinario».
Non potevo contraddirlo, aveva la faccia di chi si mette subito al lavoro non appena ha avuto una buona idea.
Ci salutiamo appena, quando ho finito di vestirmi.
Lui è già allo scrittoio.