Leggendo Clarice Lispector
Adriana PaoliniAdriana Paolini
Adriana Paolini è nata a Pescara nel 1966, e dal mare si è trasferita a Trento, in montagna, circa venti anni fa. Il suo lavoro e la sua passione sono i libri antichi, che insegna all’Università di Trento ma che racconta anche ai bambini, ai ragazzi e a tutti coloro che ne sono curiosi.
Oltre alla pubblicazione di saggi e di libri di carattere scientifico, ha scritto numerosi articoli dedicati alla didattica e alla divulgazione della storia del libro.
Ha pubblicato, inoltre, tre volumi rivolti ai bambini delle elementari e medie: L’Invenzione di Kuta. La scrittura e la storia del libro manoscritto; Che rivoluzione! La stampa dei libri da Gutenberg agli ebook; Datemi una penna. Scritture a mano dopo l’invenzione della stampa (selezionato al Premio Bancarellino 2016), tutti editi da Carthusia edizioni, e uno per gli adulti, Per libri e per scritture. Una passeggiata nella Storia, uscito per Edizioni Bibliografiche nel 2012.
Fin da giovane ha scritto solo per se stessa e per pochi amici, ma il piacere di raccontare storie la spinge a inventarne di continuo per i piccoli che incontra, e, ora, anche per chi desidera leggerle.
IL RACCONTO
Ci sono libri che quando li leggo mi provocano dolore. Dolore fisico. Mi sembra che quelle certe parole le avrei potute scrivere anch'io, il loro senso ma anche la loro forma. E invece non ho mai osato.
E questo è il primo dolore.
Poi penso che no, non è vero, non sono capace di scrivere così.
E questo è il secondo dolore.
Perché vorrei essere capace di letteratura, vorrei partecipare alla letteratura, alla scrittura.
Vorrei saper partecipare della sua emozione. Perché sono piena di emozioni.
E questo è il terzo dolore. Perché non mi danno pace. Ma forse non è un dolore vero. Sono felice e anche fiera delle mie emozioni. Mi fanno sentire viva ma anche stanca. E pure vorrei averne di più. No, vorrei poter dare loro un seguito. Almeno scrivendole.
Dovrei sapermi concentrare sulle parole. Dovrei anche impararle.
E lei scrive: 'inutile volermi classificare'. E non l'ho scritto anch'io tante volte?
E non è anche questo un dolore?
Il quarto.
No, non sempre lo è.
Mi fa sentire sola, ma anche mi rende orgogliosa della mia solitudine decorosa, e fruttuosa d'amore, e di cos'altro se no?
Sono sorda. Cioè lo sto diventando.
È un dolore, il quinto. Questo sì è un dolore. È una rabbia, anche.
Non riesco a vedere i lati positivi forse perché non ce ne sono.
Sì certo, posso non sentire parole brutte, ma ne perderò anche di belle, di calde, di amorevoli, di melodiose.
Questo è un dolore. Non c'è dubbio.
È un libro di parole, quello di Clarice. E dietro le parole c'è dell'altro. Ovvio. Ma sono parole.
La sua storia sono le parole, no, è nelle parole.
La libertà, dice 'mi sono costretta alla libertà. Un dono e un eroismo?' forse è un eroismo, cioè una follia.
Perché si pubblicano libri così? Sembrerebbero scritti per se stessi, o per una persona, quella che li ha provocati, forse.
Eppure, mi pare che sia scritto anche per me che sono qui a prendere poche note pensando a come svilupparle per farne, ambiziosissima e sciocca (tutti gli ambiziosi sono sciocchi), letteratura.
Più ragionevolmente a pensare di scriverle a te.
È come col sesso. Cioè con l'erotismo, col gioco del proprio corpo mescolato a quello delle parole. Questo voglio fare e questo non riesco a fare.
Perché c'è chi non parla e chi non mi fa sentire libera di parlare.
Credo che con te lo sarei, lo sono stata. Ma tu non ci sei mai.
Forse immagino solo che con te sia possibile perché non ci sei mai.
No, sono sicura. Con te solo è possibile. Perché sei dentro di me e sei il mio corpo e le mie parole.
Stavo male e camminavo. Una volta avevo libri pesantissimi in mano e credo che sia stato allora che mi sono fatta male alla spalla. Stavo male e camminavo. Ma io cammino sempre e non è vero che sto sempre male.
Il punto è che a me piace camminare.
Se mettessi insieme tutti gli scritti che mi sono annotata qua e là avrei un quaderno fitto di scrittura.
I quaderni destinati a essere scritti invece sono rimasti bianchi.
Ma scrivendo così sto copiando? È ispirazione dal libro? o sono solo io?
'perché io sono una domanda', dice così.
E non lo dico sempre anch'io? E non lo sono anch'io?
Io che domando a me di me, a te di me, e di te e di noi e della vita e della paura e del giusto e dell'errore.
Ma le domande sono curiosità o paura? Una richiesta di sapere o di aiuto?
Chissà, magari entrambe le cose.
Le risposte, forse, sono solo paura. Sono più contenta di domandare che di rispondere.