Settima edizione 2013 • segnalato sezione inediti

Trasformazione notturna

Elena Glorini

Elena Glorini

Elena Glorini è nata a Monza nel 1977. Ha pubblicato il primo racconto nel 1997 nell'antologia "Gatti magici per noi". Suoi scritti sono presenti in numerose antologie (Edigiò, Keltia editrice) e ha ricevuto riconoscimenti in vari premi letterari (Finalista Premio Chiara Giovani 2000; seconda classificata al concorso poesie dorsali giallo e noir 2009 indetto da "La passione per il delitto"; seconda classificata premio WMI con la poesia "Gli occhi dell'universo" Writers Magazine Italia n.10). Con la casa editrice Edigiò ha pubblicato "L'infanzia di babbo Natale" e "Leo e Laila" (narrativa per l'infanzia). Sue poesie sono contenute anche nelle antologie di Edizioni Montag (edizioni 2007, 2008, 2009, Tutti i colori dei bambini, Le orme dell'anima). Vive in provincia di Lecco con il marito, due figlie e una micia sphynx.

IL RACCONTO

La pioggia era cessata. Mi ero talmente abituata al ritmico tamburellare dell'acqua sui vetri della mansarda da considerarlo simile al battito di un cuore. Quando cessò, l'improvviso silenzio mi mise a disagio. Le nuvole si aprirono, lente e gonfie, mentre la luce della luna illuminò la sagoma di una donna stesa sul letto. Era il mio corpo che stavo osservando e inizialmente pensai di stare ancora sognando. Ma dopo pochi istanti compresi che non era cessato solo il battito della pioggia, ma anche quello del mio cuore.
Non era facile per me stabilire con esattezza da quanto tempo fosse successo, perché non mi ero accorta di nulla. L'unica cosa che mi ricordavo era di essermi coricata con un forte mal di testa che non accennava a placarsi nonostante avessi preso un analgesico. Avevo spento la luce e poco prima di chiudere gli occhi mi era sembrato di vedere sul muro delle piccole ombre che si spostavano. Quando un lampo aveva illuminato la camera, avevo visto delle falene che volavano.
Osservando il mio corpo, sapevo che non era solo addormentato: ero morta, ma allo stesso tempo ero ancora presente nella stanza. Non mi sentivo più distesa sul letto, ma mi sembrava di essere appesa al muro di fronte ad esso. Era una sensazione nuova per me e non riuscivo a capire cosa fossi diventata. L'idea di fantasma che avevo quando ero in vita non era affatto simile a quello che provavo in quel momento. Vedevo chiaramente gli oggetti che mi circondavano, ma mi apparivano più grandi di quanto li ricordassi, come se la mia percezione visiva fosse alterata.
Improvvisamente la porta della camera si aprì e il mio gatto entrò, salì sul letto come era solito fare e capì subito che qualcosa in me era cambiato. Vedevo nelle sue pupille, dilatate per l'oscurità, una luce che turbinava e sfumava in vari colori.
Quando iniziò a fissare la parete dove mi sembrava di essere appesa

rimasi affascinata da quello sguardo che avevo visto molte volte, ma mai rivolto a me o ai miei familiari. Era come se avesse visto una preda. Poi il bagliore nei suoi occhi si spense e balzò verso il muro iniziando ad agitare le zampe come se volesse afferrare qualcosa.
Fu in quel momento che guardai in direzione della finestra e vidi delle falene sul davanzale; avevano le ali in posizione di riposo, ripiegate sul corpo, e sembravano in attesa di qualcosa.
Cercai, nella nuova condizione in cui mi trovavo, di avvicinarmi alla finestra. Fu il vetro che, riflettendo la mia immagine, mi fece comprendere in cosa mi fossi trasformata: non ero un fantasma, bensì una falena. Il mio corpo, grosso e tozzo,aveva ali dai colori smorti e antenne filiformi.
Le falene iniziarono a comunicare tra di loro e mi accorsi di comprendere perfettamente il loro linguaggio. Mi spiegarono che anche loro erano spiriti intrappolati temporaneamente in quel corpo di insetto in attesa di trasformarsi ulteriormente. Non sapevano però dirmi tra quanto tempo sarebbe successo. Specificarono che fino a quel momento avevamo un compito da svolgere: raggiungere le persone che morivano durante la notte per attendere la loro trasformazione e istruirle nella loro missione.
Poi mi chiesero di seguirle.
Uscii dalla finestra e mi librai nell'aria come se avessi sempre volato. Ero attratta dalle luci della città che ancora dormiva, ma le altre falene mi insegnarono come resistere a quella tentazione per non bruciarmi.
Dopo molto tempo ci fermammo in un vicolo nel centro della città. Un uomo, costretto a dormire all'aperto, non riusciva più a sopportare il freddo pungente di dicembre.
Quel corpo giaceva in fin di vita, ma dalla distanza a cui mi trovavo non potevo stabilire la gravità della situazione.

Le falene si avvicinarono al suo viso prima che perdesse conoscenza. Io mi limitai ad osservare stando ad una certa distanza e ascoltando quello che dicevano.
“Stai per morire, ma non devi avere paura perché diventerai una falena. Noi saremo qui per aiutarti a capire cosa devi fare fino a quando subirai un'altra trasformazione. Ci seguirai e ci aiuterai a raggiungere le persone che perderanno la vita nelle ore notturne come sta per succedere a te. Noi infatti dobbiamo vegliare solo su chi è in fin di vita nelle ore comprese tra il tramonto e l'alba; durante le altre ore questo compito è affidato alle farfalle. Non puoi scegliere di diventare falena o farfalla perché, come non hai potuto decidere il momento della nascita, non puoi neppure farlo con quello della morte”.
Quell'uomo non capiva il nostro linguaggio, ma dopo aver sentito quelle parole pensai che probabilmente erano state dette anche a me quando ero stesa sul letto e avevo visto delle ombre che si avvicinavano al mio viso. Compresi che si trattava di un rituale di passaggio.
La prossima volta sarei stata capace di ripeterlo insieme alle altre falene.
Attendemmo vicino a lui fino al momento in cui nacque un nuovo insetto pronto a vivere nel buio.
Dopo uno stupore iniziale, accolto dalle altre falene, provò a muovere le ali e ci seguì nella notte invernale.